domenica 19 agosto 2012

Chicago, parte 2


E chiudiamo anche il discorso su Chicago. Il centro, che qui chiamano comunemente Loop, è il più bello che ho visto fin qui, per quanto quella della downtown di grattacieli resti un’idea malsana. La differenza sta non solo nell’architettura, ma anche in un senso generale di decoro e vivibilità urbana che, specie a New York, manca clamorosamente. Avendo i mezzi e potendo scegliere, anch’io probabilmente farei come quel furbone di Riccardo Muti, che è venuto qua a fare il direttore stabile della Chicago Symphony Orchestra e il cui faccione campeggia un po’ ovunque. Chicago è bella, pulita, non puzza come New York, si affaccia su un lago che è vasto e azzurro come il mare senza neanche il minimo fastidio della salsedine, ha attività culturali e musei all’altezza del meglio che ho visto finora.
Tutto rose e fiori, dunque? Neanche per sogno. Vogliamo finalmente affrontare un po’ la questione nera? Facciamolo. New York è multietnica a livello molecolare, ma ad Harlem non sono stato, quindi non ho molto di particolarmente specifico da aggiungere. Se non che mi sono accorto lì di una cosa che è diventata una costante del viaggio, ovvero che i portieri dei grandi palazzi e gli inservienti dei musei sono tutti invariabilmente neri (per i musei però sembra che ci sia un ulteriore criterio di selezione: femmine, e di peso superiore ai 90 Kg). Washington e Philadelphia sono decisamente meno centrifugate, ma a parte questo, anche per loro non ho molto di particolare da aggiungere.
Per Chicago il discorso è diverso. Per recarmi nei luoghi di Fermi mi sono spinto parecchio a sud, decisamente fuori dal Loop centrale. I quartieri che ospitano l’università sono lindi e pulitissimi, pieni di dormitori, villette, impianti sportivi per gli studenti, addirittura una casa di Wright:


Ma tutto intorno c’è quella che viene chiamata la Black Belt, la fascia nera, il primo vero sobborgo etnico che mi capita di visitare. Ed è tutta un’altra storia. Non ho mai avuto impressione di pericolo, visto che, al contrario, c'era molta gente allegra che passava il sabato attorno a dei grossi barbecue allestiti nei parchi; e non potrei neanche dire che il quartiere fosse definibile senza mezzi termini come un “bassofondo”. Ma delle zone di degrado sì, le ho viste eccome. Ed è chiaro che, se anche una parte della popolazione nera è integrata socialmente ed economicamente, e risiede nel Loop come nei quartieri ricchi delle altre città che ho visitato, l’integrazione funziona molto meno bene sull’altro versante dello spettro sociale, e si può star sicuri che, se ci si imbatte in un quartiere povero o degradato, questo sarà in gran parte abitato da neri o da altre comunità etniche, non certo da bianchi. Wikipedia conferma che quello della Black Belt è un caso particolare, il che da una parte non mi autorizza a conclusioni più generali, ma dall’altra mi ha reso doppiamente interessante la visita.
La povertà invece, intesa come condizione più estrema, è ancora un altro discorso. Dovunque sono stato mi è capitato di imbattermi in senzatetto, barboni, gente che chiedeva l’elemosina in modo palese o mascherato. La frequenza è probabilmente maggiore che da noi, ma Lucca non fa testo e il confronto andrebbe fatto con una vera metropoli. A livello razziale, invece, mi è sembrato che di nuovo ci fosse di tutto: bianchi, neri, giovani, vecchi. Ma magari anche qui la percezione è falsata, forse per una certa remora dei neri a chiedere esplicitamente l’elemosina ai bianchi.

Tornando a note più positive, come si fa a non voler bene a una città che si presenta così?
 


Nel Loop ci sono ancora le ferrovie soprelevate! Come negli anni 30! Come quella assaltata da King Kong! E a New York il massimo che sono riusciti a fare è quella fighettata dell’High Line: New York, puppare fava. Farci un giro è affascinante, perché siamo proprio all’altezza dei cornicioni del primo piano, ed è tutto un susseguirsi di elementi decorativi art deco o di qualunque altro stile immaginabile, in un tour de force architettonico di grande interesse.

Sempre nel Millennium Park, c’è quest’altro bel monumento, una fontana che da lontano sembra composta da due blocchi di pietra grigia che si fronteggiano, da cui cade a cascata dell’acqua. Avvicinandosi, però, si scopre che quella che sembrava pietra è in realtà un materiale traslucido simile al vetro, e che sotto ci sono dei monitor che proiettano immagini di volti umani contrapposti. A intervalli regolari, un getto d’acqua spunta dalla bocca, per la gioia dei bambini che sguazzano lì sotto. Di nuovo, un intervento di arredo urbano risolto con gusto e intelligenza.




Sul versante musei, The Art Institute of Chicago si è rivelato molto interessante. Un po' di arte antica ma niente di che, la solita collezione di arte modera dagli impressionisti in avanti, con qualche capolavoro tipo La camera da letto di Van Gogh e La Grande Jatte di Seurat; e soprattutto, una bella sezione di arte americana, con un paio di dipinti assolutamente iconici, i Nottambuli di Edward Hopper e American Gothic di Grant Wood. In corso cera anche una mostra temporanea, una splendida retrospettiva dedicata a Roy Lichtenstein, con dipinti famosissimo come The Drowning Girl e Wham!

E poi c'è il Field Museum of Natural History, che espone proprio all'ingresso Sue, il più grande e completo fossile di T-Rex mai ritrovato, che da solo ha giustificato l'unica foto che abbia scattato all'interno di un museo. E scusate se è poco.



Potrei continuare all’infinito, visto che ho fatto più scatti a caso a Chicago che in ogni altra città visitata finora, per cui la finisco qui. 
Domani: aereo, altre quattro ore di fuso orario, California.

2 commenti:

  1. Chiara: allora mare, ma il costume ce l'hai? Fai attenzione alle bagnine....controlla se hanno il costume rosso come nel telefilm....e datti la crema protettiva, non ti scottare! Mandaci anche una tua foto!

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  2. Per il mare e le bagnine bisogna aspettare Los Angeles: qui è freddo!

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