Ed ecco, appena sbucato dalla metro, la Chicago che non ti
aspetti. La Chicago che ti accoglie con il Millennium Park, proprio sulla riva
del lago Michigan, e ti dimostra che sì, anche con i grattacieli si può fare
non solo della bella architettura, ma anche dell’ottima urbanistica. La filata
di grattacieli che si affaccia sul parco non solo non opprime, ma non offre una
sola vista banale. Al di là della qualità architettonica dei singoli edifici, alla
fine i trucchi da utilizzare erano pochi e neanche troppo difficili da
immaginare: strade più larghe, alternanza alto-basso, rottura della rigida ortogonalità introducendo
edifici posti in diagonale a mo’ di quinta urbana, utilizzo dello spazio aperto
per creare un contraltare, anche visivo, alla verticalità dei palazzi.
Come se
non bastasse, nel parco è collocato un monumento singolarissimo: la Cloud Gate,
dell’artista anglo-indiano Anish Kapoor (che da oggi, devo dire, rispetto molto
più di prima), una specie di sfera completamente riflettente che dilata a dismisura lo
spazio ed offre una prospettiva inedita sullo scenario urbano circostante. È quel
tipo di installazione che a leggerne fa pensare alla pacchianata, ma vista dal
vivo, in questo contesto, ti colpisce come una rivelazione. La passeggiata del
Millennium Park dimostra che è possibile immaginare grattacieli senza limitarsi
alla banale ricerca della skyline, ma
creando un’architettura che sia bella e vivibile anche dall’interno, non solo pensata
per essere ammirata da lontano.
Poi certo, aiuta anche il fatto che il
parco è curatissimo e vibrante di vita, con gruppi improvvisati che suonano
jazz e un fantastico auditorium all’aperto, opera inconfondibile di Frank Gehry.
Sono sicuro che, andando in giro, troverò anche qui cose che non mi piacciono,
ma per ora Chicago batte nettamente New York, e scusate se è poco.
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